Dal 1822 il cifrario Beale rimane un enigma indecifrato: un tesoro leggendario e un codice misterioso che sfidano storia e crittografia.
Pochi enigmi della storia americana hanno saputo affascinare generazioni di ricercatori, linguisti e appassionati di crittografia quanto il Cifrario Beale. Pubblicato per la prima volta in un opuscolo anonimo del 1885, questo misterioso caso ruota attorno a tre documenti cifrati che descriverebbero l’ubicazione di un favoloso tesoro sepolto tra le colline della Virginia.
A distanza di oltre un secolo, l’enigma rimane irrisolto e continua a suscitare dibattiti: si tratta di un autentico codice indecifrato o della più celebre bufala dell’Ottocento? Secondo il racconto originario, nel 1820 un avventuriero di nome Thomas J. Beale sarebbe partito per una spedizione nel West americano insieme a un gruppo di cacciatori di bufali. Durante l’impresa, il gruppo avrebbe scoperto una miniera ricchissima d’oro e argento nel territorio del New Mexico.
Temendo furti o ingiustizie, Beale avrebbe deciso di trasportare il bottino in Virginia e nasconderlo in un luogo sicuro, creando tre cifrari per tramandarne l’esatta posizione e i nomi degli aventi diritto. I tre documenti, noti come Beale Papers, sono composti da lunghe sequenze di numeri. Il primo cifrario descriverebbe il luogo del tesoro; il secondo dettaglierebbe il contenuto della cassa; il terzo, infine, riporterebbe i nomi delle persone a cui il tesoro apparterrebbe.
A rendere il mistero ancor più affascinante è il fatto che solo uno dei tre testi – il famoso Cifrario Beale n. 2 – sia stato decifrato con successo. Questo avvenne utilizzando come chiave la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti, applicata secondo la logica di un classico cifrario a libro: ogni numero rappresenta la posizione di una parola nel testo chiave. E la prima lettera di quella parola ricostruisce il messaggio. Il risultato svelato dal cifrario n. 2 descrive un tesoro immenso: migliaia di libbre d’oro e argento e gioielli per un valore stimato, oggi, di milioni di dollari. Nonostante ciò, gli altri due cifrari restano ancora indecifrati. Alcuni studiosi sostengono che il codice sia autentico e che il tesoro aspetti ancora di essere scoperto. Altri ritengono che l’intera storia sia una messinscena elaborata, forse pensata per vendere l’opuscolo del 1885 o per intrattenere appassionati di enigmi.
Gli scettici fanno notare diversi elementi sospetti: la mancanza di prove storiche sull’esistenza di Thomas J. Beale e lo stile del testo che sembra più tardo rispetto all’epoca descritta. Ma anche l’incoerenza di alcuni passaggi della narrazione. Le analisi statistiche hanno prodotto risultati inconcludenti: alcuni indizi suggeriscono che il cifrario n. 1 possa contenere testo in inglese, altri che sia un insieme casuale di numeri senza significato. A ciò si aggiunge il rischio, sempre presente in questi casi, che si stia tentando di dare un ordine a ciò che ordine non ha mai avuto.
Che il tesoro esista davvero o meno, una cosa è certa: il Cifrario Beale rappresenta un affascinante intreccio di storia, leggenda e crittografia.
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